MEZZO SECOLO FA LA SCOMPARSA DI DON CICCIO TORCHIA ARCIPRETE DI FEROLETO

MEZZO SECOLO FA LA SCOMPARSA DI DON CICCIO TORCHIA ARCIPRETE DI FEROLETO

Il prossimo 17 maggio 2024 ricorre l’anniversario del cinquantenario della morte di don Ciccio Torchia, arciprete di Feroleto Antico. Aveva solo 46anni.

Sfogliando qualche vecchia rivista nel mio archivio privato ho trovato uno scritto riguardante la morte del parroco don Francesco Torchia, scomparso nel 1974, il quale ha trascorso i suoi ultimi anni di vita, come pastore della parrocchia di Feroleto Antico.

Lo scritto, senza firma ma credo che l’autore sia il vescovo del tempo da come lascia intuire il testo, l’ho tratto dalla pubblicazione ufficiale della diocesi di Nicastro degli anni 1974 e 1975 nella quale viene riportato questo articolo e del quale riporto solo una sintesi.

E’ stato colto dalla morte improvvisamente nel cuore della notte; non era molto innanzi negli anni: don Ciccio era nato nel 1928. La sua morte è stata una predica per tutti noi…..L’11 marzo del 1974 ero stato a Feroleto per una visita nelle scuole. Poi con don Ciccio ci eravamo incontrati nei primi giorni di maggio dello stesso anno……Era stato a Reggio per una visita medica perché non stava molto bene. Ma mi rassicuro` dicendomi che con poche iniezioni di siero la sua allergia sarebbe andata via.

Invece la mattina del 17 maggio del 1974 mi giunse improvvisa una telefonata da don Giulio Fazio: Don Ciccio è morto”. ……Andai subito a Feroleto con don Antonio Marghella: un corpo senza vita e il pianto disperato della vecchia mamma e delle sorelle: la commozione del popolo…

Il 18 maggio, dopo i funerali, la salma fu tumulata a Gizzeria, paese di nascita di don Ciccio.

Era stato ordinato sacerdote il 20 luglio del 1952; era stato parroco a Rizzuti di Colosimi, ad Adami di Decollatura e, in fine, arciprete di Feroleto.

Don Francesco Torchia ci ammonisce ad operare il bene, mentre ne abbiamo il tempo. Preghiamo per lui perché anche noi sacerdoti siamo povere creature, piene di miserie e di debolezze.”

 

Franco Falvo

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