“VIAGGIO NELLE PAROLE” IL LIBRO DI PASQUALE ROPPA CHE RISCOPRE IL DIALETTO

“VIAGGIO NELLE PAROLE” IL LIBRO DI PASQUALE ROPPA CHE RISCOPRE IL DIALETTO

VIAGGIO NELLE PAROLE IAZZAROTAMENTE con dizionario dialettale è il titolo del libro pubblicato da GrafichEditore di Lamezia Terme  scritto dal giornalista Pasquale Roppa. La presentazione di questo vocabolario dialettale è stato un grande successo tanto che già si pensa ad una immediata ristampa. Ma chi è l’autore e di cosa parla il libro? Credo sia doveroso da parte mia tracciare una breve biografia dell’autore anche perchè per  molto tempo siamo stati colleghi giornalisti nello stesso quotidiano.

Pasquale Roppa è nato a Gizzeria il 15 luglio del 1957. È docente di Lingua e Civiltà Inglese di Scuola Superiore e Giornalista Pubblicista. Ha conseguito la Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università della Calabria nel luglio del1981. Negli anni ottanta si è trasferito al nord dove ha insegnato prima in Lombardia (Varese), poi in Piemonte (Asti) All’inizio degli anni novanta è ritornato in Calabria. Vive a Mortilla di Gizzeria. Insegna Lingua e Letteratura Inglese al Liceo Classico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme. È iscritto all’ Ordine Nazionale dei Giornalisti (Pubblicisti) da l2005. Scrive per il Quotidiano del Sud dal 1996.

Dopo aver conosciuto l’autore è doveroso ascoltare qualche passo della sua introduzione prima di ascoltare altri interventi.

Riporto alcuni passa dall’introduzione scritta dall’autore:

“….Chi è nato come me negli anni cinquanta ricorderà come il dialetto durante la nostra infanzia, soprattutto nel meridione e in Calabria in particolare, non godeva di tante simpatie. Anzi, a volerla dire tutta, non ne godeva alcuna. Parlare il dialetto rappresentava, se non un handicap, almeno un freno. Un limite. L’idea che regnava era quella che del dialetto bisognava liberarsene prima   possibile. Te lo dicevano e te lo ripetevano continuamente già dalla prima elementare. Il dialetto bisognava dimenticarlo. Abbandonarlo. Dialetto significava turpiloquio, volgarità. Dialetto era associato a rozzezza, arretratezza, subalternità. E quindi mantenerlo non ti avrebbe mai permesso nella vita di salire uno scalino in più della cosiddetta scala sociale……..

Perché oggi questo lavoro? Il dialetto, quando lo senti completamente tuo, è un valore prezioso e come tale lo custodisci, proprio come si fa con le cose più care. Sai che è parte delle tue radici, della tua storia personale. Epoi sai anche che è parte di una storia e una memoria collettiva. Un tratto distintivo, un collante cheti lega per sempre e ti accomuna ad un territorio, ad una comunità, ai luoghi dove sei nato, dove hai giocato da bambino e dove sei cresciuto. Insegno Inglese da tantissimi anni, ma non ho mai smesso di amare il vernacolo del mio paese al quale ho deciso di dedicare questo lavoro riprendendo un progetto ipotizzato fin dai tempi dei miei studi universitari.

All’interno di questa cornice e con questo animo nasce il dizionario dialettale di Gizzeria che qui presento. Un vocabolario che non ha la pretesa di voler essere esaustivo. Conterrà sicuramente imprecisioni e mancanze. Di questo chiedo venia. Non poteva, però, essere diversamente. La ricostruzione e la catalogazione lessicale completa di una lingua, quando la si fa per la prima volta, non è impresa agevole. Tantissime sono le difficoltà in questo percorso duro ed impervio. Il grande linguista e glottologo Gerard Rohlfs, citando il lessicografo e filologo Antonio Traina ricordava: “Un vocabolario, non può dirsi mai completo, né può riuscire scevro di errore o difetto alcuno”.

Quale è il dialetto di cui si occupa questo vocabolario? Ebbene il glossario qui presentato è un“contenitore” linguistico complesso che mette insieme parole dei tempi passati, quelle sparite o invia di estinzione, ma anche quei lemmi che sono entrati man mano nel linguaggio quotidiano degliultimi decenni. All’interno del dizionario si troveranno delle parole con varianti fonetiche e semantiche che il vernacolo ha acquisito negli anni. È un “bagaglio” lessicale di circa diecimila termini e centinaia di modi dire. L’ordine in cui sono stati catalogati i lemmi, la loro traduzione e la loro spiegazione dovrebbero favorire una consultazione agevole. Precedono il glossario alcune riflessioni sulla dicotomia lingua-dialetto, una breve analisi sull’evoluzione e le caratteristiche della variante linguistica gizzerota: dal punto di vista fonetico e lessicale. Vengono allegate, inoltre, alcune schede grammaticali concernenti aspetti morfologici e sintattici. Il materiale linguistico dialettale si arricchisce anche di una sezione dedicata alla poesia, la canzone e la satira dialettale gizzerota. Completano l’opera alcuni testi dedicati al culto di San Giovanni Battista e ad altri aspetti legati a Gizzeria attraverso le testimonianze di alcuni protagonisti dello sport, della musica, della scuola, della cultura etc.

Quanto da me raccolto e riprodotto in questa pubblicazione è frutto di mesi e mesi di lavoro, di studio e di ricerca. Un impegno che mi ha permesso di fare uno straordinario “viaggio tra le parole”. Un viaggio emozionante a ritroso nel tempo. Parole, modi dire, che riportano nella realtà contadina, che scandiscono il tempo del dopoguerra, quello del boom economico, e poi quello delle trasformazioni veloci degli ultimi quarant’anni. Parole che sanno di comunità, identità e valori. Parole che rafforzano un senso di appartenenza collettiva e che restituiscono memoria. “Le parole sono importanti” diceva qualche decennio fa Nanni Moretti nel film cult “Palombella Rossa” raccontando metaforicamente la perdita della memoria e quindi dell’identità del suo protagonista. Ecco, da questo viaggio tra le parole che compongono il vocabolario dialettale gizzeroto sono riemersi avvenimenti, luoghi, mestieri, attrezzi, storie, sapori, odori, persone care, aneddoti. Insomma: la memoria di un territorio. Un “baule lessicale” che è anche patrimonio  culturale, come tale merita di essere custodito e consegnato alle nuove generazioni.”

La  giornalista  Maria Rosaria Folino ha rimarcato l’importanza del lavoro di Roppa:  “ Così come Zefiro in una giornata di tepore soffia sul viso e riporta a giorni passati e così come il  profumo dei fiori collega il momento del presente a giorni felici, le parole usate in questo “Vocabolario del dialetto gizzeroto” portano verso il ricordo di una storia passata del paese di  Gizzeria che aveva bisogno di essere raccontata, proprio attraverso la conoscenza delle parole antiche del nostro dialetto………..E ci sono parole più care di altre, parole che connotano in modo fortissimo i sentimenti, le emozioni, i disagi, i dolori e queste sono le parole dialettali, nel caso di questo libro i termini del dialetto “jazzarotu”, (di Gizzeria). Le parole sono quei ponti che ci permettono di afferrare il mondo. Le parole di questo Dizionario ci  permettono di afferrare la nostra storia, i nostri ricordi, esse ci connettono alla vita e al mondo di ciò che è stato, ai personaggi che hanno attraversato le strade del nostro paese. Attraverso l’analisi di queste parole dialettali, abbiamo la possibilità di capire il nostro borgo e di entrare nei profumi di quelle strade del centro storico rimaste ancora immote. Le molte finestre chiuse delle case nostre custodiscono una storia malinconica e colma di passioni, piccoli mondi che la sensibilità di un prof.  giornalista ci fa riscoprire e riporta alla luce. La scrupolosità della ricerca sulle parole del nostro dialetto, la cura della grammatica, dei modi di dire, delle similitudini, manifestano un lavoro serio, professionale, che si è potuto effettuare solo grazie agli studi intrapresi e all’immenso amore dell’autore per Gizzeria. Egli non vuole che tutto sia perduto, che non spariscano le storie, che non spariscano i racconti popolari, gli scrittori che hanno amato il luogo e i tanti personaggi che hanno avuto un semplice ruolo nella costruzione sociale e culturale del paese. Pasquale Roppa mette insieme tantissimi tasselli, li mette in ordine e li incastona con cura meticolosa come un gioielliere, dai pronomi, agli aggettivi, dai “detti” agli aneddoti, perché non vuole dimenticare la sua vita, che come quella di tutti noi è legata indissolubilmente al suo dialetto, al suo territorio, ai gruppi culturali, alla scuola, agli amici. Così l’amico mio, che cantava con la sua chitarra sotto un cielo stellato di un giugno di fine anni settanta, insieme a me nella terrazza della sua ragazza: “Tu rinninachi vai lu maru maru, ferma quantu ti dicu dui paroli….”, ci dona questo regalo bellissimo, il “Viaggio nelle parole, jazzarotamente” e consegna un po’ a tutti noi, la storia della nostra vita.”

Infine le parole di Francesco Polopoli, docente di latino e greco fra le altre cose ha scritto nella Prefazione al libro:

“……Quanto più le  radici di un albero affondano in profondità nel terreno tanto più in alto potranno elevarsi le sue  fronde ed in sicurezza: questa è la metafora che ci deve accompagnare come bussola di orientamento, ancor più nel Paese bruzio, noto georgicamente agli esametri virgiliani, rammemoriamocelo, ovunque saremo! Insomma, vette alte e radici profonde per essere al sicuro e costruendo un avvenire sul solco di tante nostre memorie.

A questo diorama storico-linguistico, finemente compendiato e affiancato da note, traduzioni ed osservazioni, tali da rimpolpare il volume fino a farlo diventare, con licenza di chi mi legge, “epos popolare”, vanno, pertanto, i miei più vivi e sinceri auguri: Ad maiora et ad meliora, semper! Non solo. Possa il benevolo lettore,  nell’invito cordialissimo di un intellettuale lametino vivacissimo, quale è stato Pietro Ardito,frugare, con spirito di ricerca, un profilo microstorico da distribuire, concentricamente, a terre più vaste: se è vero che ogni fiore è speranza di frutto maturo, valga per questo Piccolo mondo anticolessicalizzato il battesimo di un ad-Divenire delle memorie a primogenitura di ulteriori contributi a seguire. Exegi monumentum, allora, per chiunque trarrà qui spunto per trapiantarlo a difesa delle nostre radici. Cantami, o diva, la lingua antica e il dialetto stretto…”

“Dunque – come ha spiegato il prof. Camillo Trapuzzano-  UN LAVORO PER TENERE VIVA LA STORIA E LA TRADIZIONI,’ . “Ogni anno, il 17 gennaio, celebriamo in Italia, la Giornata  nazionale del dialetto e delle lingue locali”, che ha l’ obiettivo di salvaguardare e valorizzare queste espressioni appartenenti al nostro patrimonio culturale immateriale. E il lavoro – di ricerca e trascrizione dei lemmi – del prof. Pasquale Roppa si muove proprio in questa direzione: la riscoperta, la valorizzazione e la conservazione della parlata gizzerota, delle sue trasformazioni e contaminazioni, che da idioma minoritario, progressivamente, nel corso del tempo, è stato sostituito dalla parlata dell’area geografica lametina, ma che ancora restituisce e conserva, in termini archeologici, tracce consistenti della storia passata”.

 

 

 

Franco Falvo

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